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Il susino europeo tende a produrre con prevalenza sui mazzetti di maggio, mentre quello cino-giapponese indistintamente su tutti questi tipi di ramo, producendo in abbondanza fiori e poi frutti. In termini generali la potatura di molte varietà di susino cino-giapponese deve essere più intensa rispetto a quella del susino europeo e questa è già una linea guida nelle differenze tra i due gruppi. Per regolare la fruttificazione attraverso la potatura in modo efficiente, è necessario riconoscere le tipologie di rami e branchette presenti. Per capire come potare il susino, è importante quindi osservare gli alberi e imparare a riconoscere le produzioni fruttifere per decidere quali rami eliminare e quali raccorciare. Una prima parte del lavoro di potatura del susino è comune a tutte le specie di albero da frutta.

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I rami del susino

Il ramo misto: ramo di un anno lungo 50/60 cm, provvisto di gemme a fiore e a legno. In genere sono accorpate in numero tre gemme, ma possono essere anche singole o doppie: quelle esterne hanno una forma tondeggiante e sono a fiore. Quella centrale, più piccola e appuntita, è una gemma a legno e darà origine a un germoglio. È il principale ramo fruttifero delle piante giovani nelle varietà cinogiapponesi. L’obiettivo principale della potatura del susino è il diradamento di questi rami, eliminando quelli troppo deboli o troppo vigorosi e lasciandone un numero adeguato. Sulle piante cinogiapponesi, più produttive, si potrà arrivare a eliminare fino al 50% dei rami.

Il mazzetto di maggio: sono le principali formazioni fruttifere del susino Europeo, si trovano sui rami di due o più anni. Il mazzetto di maggio porta una serie di gemme a fiore lateralmente e, centralmente, una gemma a legno adibita a riformare il dardo per la produzione dell’anno successivo. Esso può continuare a fruttificare per diversi anni.   La potatura di produzione deve provvedere a un rinnovo delle branchette portanti i mazzetti di maggio man mano che questi tendono a esaurirsi.

Il brindillo: È un ramo di scarsa attività vegetativa, sottile e flessibile, lungo da quindici a trenta centimetri. Porta lungo l’asse sia gemme a fiore che a legno, mentre all’apice porta sempre una gemma a legno. Nelle drupacee è un ramo che riveste un’importanza limitata. Infatti, mostra una notevole variabilità di comportamento a seconda della cultivar, per cui negli interventi di potatura bisogna conoscere la fisiologia della singola varietà. Durante l’anno successivo alla formazione del brindillo, le gemme situate sui nodi emettono fiori e rami, quella apicale un germoglio di prolungamento.

Il succhione: è un ramo a legno che prende origine da una gemma latente rimasta in dormienza per un numero indefinito di stagioni, oppure da una gemma avventizia che normalmente si forma sui calli di cicatrizzazione delle ferite. Per questa caratteristica, il succhione nasce alla base del fusto o su rami legnosi di più anni di età. Solitamente vigoroso e a marcato sviluppo verticale, tende a prendere il sopravvento sulla struttura che lo porta.  Il succhione presenta le stesse caratteristiche del pollone, che però si origina alla base del fusto o direttamente dalla radice. È un ramo che ha un andamento dritto e verticale, presenta corteccia più liscia e chiara delle branche fruttifere, senza frutti e, in autunno, tarda a perdere le foglie. Nella potatura di produzione ordinaria è soggetto al taglio poiché sottrae nutrimento agli altri rami fioriferi.

In alternativa può essere utilizzato per sostituire una branca mancante oppure può essere inclinato o curvato durante il periodo vegetativo, per diminuire la vigoria e renderlo meno competitivo nei confronti delle branche sottostanti. Questo ramo non è produttivo e la sua presenza rappresenta uno spreco di risorse. Inoltre ruba luce e spesso va a incrociarsi con parti di pianta più interessanti a scopo fruttifero. Il succhione si elimina con la potatura verde appena comincia a formarsi, e i suoi tessuti non sono ancora lignificati. Si elimina strappandolo dalla base con le mani invece di tagliarlo con le forbici. L’asportazione durante la potatura invernale, invece, è un intervento tardivo, finalizzato a correggere la geometria della pianta quando non si è intervenuti efficacemente prima.

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La potatura di produzione del susino

La potatura di produzione agisce prevalentemente sui rami a frutto o sui rami che dovranno trasformarsi o rivestirsi di produzioni fruttifere, e meno frequentemente su parti secondarie dello scheletro. La potatura del susino, come del resto anche per tutte le specie frutticole, si prefigge lo scopo del raggiungimento dell’equilibrio chioma – radici al fine di ottenere una buona produzione e di qualità. Partendo da questo presupposto, la prima regola che occorre osservare riguarda l’entità di potatura, ossia quanto potare. L’osservazione dello sviluppo dei rami di un anno da un’idea del grado di vigoria della pianta. Un albero di susino può essere giudicato in equilibrio quando la lunghezza dei suoi rami di un anno raggiunge dimensioni comprese tra quaranta e ottanta cm.

Si considerano le lunghezze maggiori in caso di terreni fertili e per alberi che non hanno raggiunto completamente lo stato adulto, mentre si valutano le lunghezze minori per alberi adulti o quasi vecchi in terreni meno fertili. Partendo da questa valutazione, calibreremo la potatura del susino in base alla vigoria applicando la seguente regola: “l’intensità di potatura deve essere inversamente proporzionale alla vigoria”. Quando la vegetazione sarà più intensa, la potatura sarà più leggera e si procederà a diradamenti di rami abolendo il raccorciamento anche sui rami di due o più anni. Al contrario, su piante di scarso vigore, la potatura dovrà essere più energica e richiederà anche accorciamenti di rami.

Fatta questa premessa, per potare il susino si inizia prendendo in esame una branca principale alla volta. Si comincia dall’apice scegliendo una sola cima di prolungamento costituita da un ramo di uno o più anni rivolto verso l’esterno, e avente lunghezza e spessore proporzionati all’intensità vegetativa della pianta. Esso sarà rinnovato periodicamente con tagli di ritorno, necessari anche per diminuire l’altezza dell’albero, utilizzando un ramo cresciuto in posizione inferiore all’apice. Il ramo prescelto non va cimato anche se lungo. Si continua verso il basso eliminando i rami concorrenti con la cima, quelli che puntano in verticale o verso l’interno della chioma e quelli che si incrociano con altri. Queste formazioni ostacolerebbero il passaggio della luce verso le parti basse della chioma. Si tagliano anche eventuali rami malati o secchi.

Altra considerazione da fare è che ogni singola branca secondaria e ogni ramo deve godere di un proprio spazio. Pertanto, branche o rami troppo vicini o che s’incrociano tra loro, vanno diradati, utilizzando quelle meglio esposte e con andamento orizzontale o curvate vero il basso. Quando una branca secondaria assume un diametro che supera i due terzi di quello della principale, va asportata per evitare che in quel punto si formi la dicotomia. Diradiamo alcuni rami fruttiferi per equilibrare la produttività della pianta e limitare il fenomeno dell’alternanza produttiva tra un anno e l’altro.

Ovviamente, quando parliamo di come potare il susino togliamo i rami che si posizionano male, cioè quelli che tendono al centro o che si incrociano con altri. Quando i rami con i mazzetti di maggio cominciano ad esaurirsi, essi vengono rinnovati con tagli di ritorno su rami laterali basali. In alternativa procediamo con tagli di raccorciamento e conservando i rami a legno in modo da lasciarli rivestire di formazioni a frutto.

Nelle drupacee si possono anche accorciare i rami al di sopra della mazzetti di maggio, ma non quelli di un anno, perché ciò li stimolerebbe a vegetare senza dare produzione. La presenza sulla pianta di numerosi rami a legno (succhioni) è sintomo di vigoria. In questi casi evitiamo di toglierli tutti per non incentivare la produzione di altri rami a legno, ma facciamo una selezione, ed eventualmente ricorriamo alla piegatura o curvatura verso l’esterno della chioma per ridurre la vigoria. Per tenere il ramo piegato si può ricorrere ai divaricatori, utilizzando un pezzo di canna o, in alternativa, un tubetto di polietilene e si lega al tronco o alla branca sottostante. Per la curvatura invece si possono utilizzate anche dei pesi che consentono di arcuare a piacimento il ramo, semplicemente spostandolo avanti o indietro lungo l’asse del ramo.

Queste operazioni meglio farle durante l’estate quando i germogli sono più flessibili. Oltre alla fruttificazione dobbiamo fare attenzione ad altri due obiettivi della potatura: contenere la dimensione della pianta e curarne la forma. Quest’ultimo aspetto è importante soprattutto per chi tiene un susino in giardino e ha quindi anche aspettative estetiche. I tagli di contenimento si effettuano con i già citati tagli di ritorno.

Interventi estivi

La potatura verde consiste in una serie interventi che vengono eseguiti sia durante il periodo vegetativo che durante il periodo di elaborazione.

La cimatura: indica l’operazione a verde con cui si asporta la parte apicale del germoglio. Eseguita durante il periodo vegetativo, è un’operazione importante quando si parla di come potare il susino e favorisce l’emissione di rami anticipati. Tali germogli si sviluppano inizialmente a spese delle sostanze di riserva che avrebbero dovuto alimentare la parte restante. Si ha così un arresto temporaneo di vegetazione che cessa solo quando il nuovo germoglio inizia ad elaborare attivamente. La cimatura ripetuta durante il periodo di elaborazione, ne provoca un indebolimento e favorisce la formazione di rami e gemme a frutto.

Desucchionatura: indica l’operazione con cui vengono asportati i succhioni per evitare squilibri dell’albero. Talvolta possono essere conservati raccorciandoli parzialmente, oppure inclinandoli e piegandoli in modo da favorirne il rivestimento con rami a frutto oppure per sostituire parti mancanti o deperiti dell’albero.

Diradamento dei frutti: In estate seppur a malincuore, va effettuato il diradamento dei frutti staccando dai rami le susine acerbe in sovrannumero. Ciò, al fine di concentrare le risorse dell’albero sulle susine che restano, migliorando pezzatura e qualità del raccolto ma anche per limitare l’alternanza di produzione. Vanno eliminati i frutti di dimensioni ridotte, quelli malformati, e anche quelli nati all’interno della chioma. Si stacca il frutto eseguendo un movimento rotatorio oppure si taglia il picciolo con delle cesoie a punta lunga. Si può anche favorire la naturale cascola scuotendo brevemente ma con vigore la pianta. Tale operazione deve essere eseguita dopo la cascola spontanea dei frutticini e prima dell’indurimento del nocciolo.

Alleggerimento della cima o sciuffatura: si asportano i rametti che si trovano inseriti nell’ultimo tratto della branca. Le parti apicali hanno generalmente la tendenza ad una maggiore attività vegetativa per favorire un più equilibrato sviluppo delle parti mediane e basali.

 

>> Dopo aver imparato come potare il susino, guarda anche la playlist dedicata alla potatura delle piante da frutto!

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Agr. Antonio Velonà

Agrotecnico Antonio Velonà, docente di pratiche agrarie, adesso in pensione, ha svolto la sua attività nell’indirizzo agrario dal 1974 al 2017 presso l’Istituto d’Istruzione superiore “V.F. Pareto” di Milano. Nella sua lunga carriera ha coordinato tutte le attività di laboratorio inerenti al frutteto, le serre e il giardino. Dal 2001 al 2005 ha collaborato come docente con la Fondazione Minoprio nei corsi di formazione professionale