L’actinidia: potatura e tecnica colturale
Consigli per coltivare i kiwi nel proprio frutteto
L’actinidia è una pianta originaria di una vallata dello Yang-tze cinese dove vive spontanea, appartiene alla famiglia delle Actinidiaceae. In Italia si coltivano l’Actinidia Deliciosa e l’Actinidia Arguta. Delle due, l’Actinidia Deliciosa è la specie più conosciuta.
Agli inizi del Novecento l’Actinidia viene importata in Nuova Zelanda, dove la sua coltivazione si diffonde (qui prende il nome del kiwi, un uccello neozelandese). In questo paese vengono selezionate le due qualità Bruno e Allison; oggi la cultivar più utilizzata è Hayward. In Italia le prime piante vengono messe a dimora intorno al Lago Maggiore e negli anni Settanta coltivazioni nascono in Veneto, Romagna, Friuli, Trentino, Piemonte, Lazio, Marche.
L’Italia è l’attuale maggiore produttrice alla quale seguono Nuova Zelanda, Cile, USA, Giappone e Francia. Le regioni italiane dove è maggiormente diffusa questa coltura sono Lazio, Piemonte, Veneto e, in misura minore, Campania e Calabria. Questa coltura ha trovato collocazione in tutta la nostra penisola, pur essendo la sua produzione notevolmente condizionata dalle condizioni pedo-climatiche, soffrendo delle gelate tardive, della siccità e del vento forte. Queste sue debolezze sono state contrastate attraverso un’ottimale gestione agronomica e l’ausilio di diversi mezzi tecnici (irrigazione, concimazione, protezione dai venti, forme di allevamento adeguate…). Questa coltivazione, rispetto alle tradizionali presenti in Italia, è meno attaccata dai patogeni, risulta quindi più adatta a una coltivazione familiare.
La pianta ben si adatta a terreni sciolti e profondi, ricchi di sostanza organica neutri o tendenzialmente acidi con calcare attivo inferiore al 4-5 %.
La gestione della fertilità gioca un ruolo determinante per la coltivazione della coltura. Rispetto ad altre specie arboree da frutto, l’actinidia presenta alcune peculiarità delle quali bisogna tener conto nella gestione dell’irrigazione perché ha un’elevata sensibilità alla carenza idrica a causa del limitato volume di suolo esplorato dalle radici nei primi dieci anni dall’impianto, del basso gradiente di potenziale esistente tra apparato fogliare e radicale, della scarsa capacità dei tessuti a cedere acqua alla traspirazione e dall’elevata area fogliare.
Tenendo conto di quanto detto, una corretta gestione dell’irrigazione deve prevedere l’inizio della stagione irrigua, in modo da non intaccare le riserve idriche contenute nel volume di terreno esplorato dalle radici ma non interessato dall’irrigazione; è necessario intervenire frequentemente, nel periodo di punta della richiesta idrica, bagnando anche quotidianamente. Nelle zone ventose e calde si abbina irrigazione a goccia e sovracchioma.
Anche per le esigenze nutrizionali l’actinidia presenta alcune sostanziali diversità rispetto alle altre colture frutticole; l’inizio dell’assorbimento e della traslocazione dell’azoto e degli altri elementi nutritivi si ha in corrispondenza della fase di germogliamento (pianto), l’accumulo di elementi minerali è continuo durante la stagione vegetativa, ma con un picco nel periodo che va dall’apertura gemme all’allegagione. In queste fasi l’actinidia accumula nei diversi organi della pianta dal 60 all’ 80% della quantità di elementi minerali presenti a fine stagione. È importante perciò una concimazione primaverile con complesso organo-minerale.
L’inerbimento inter fila realizzato fin dai primi anni dall’impianto favorisce il rispetto e l’apporto continuo di sostanza organica e la traslocazione degli elementi minerali lungo il profilo del terreno.
Potatura di allevamento e produzione
Le operazioni di potatura e diradamento sono determinanti per una buona qualità e quantità dei frutti. La potatura secca ha come scopo il rinnovo dei rami produttivi, il controllo delle gemme miste e la distribuzione dei frutti sulla pianta; di conseguenza si avrà una buona intercettazione della luce che influenza positivamente le caratteristiche qualitative e di conservazione dei frutti.
Una delle forme più comuni è la pergoletta singola o doppia; nel caso della doppia si hanno i due cordoni di egual vigoria. Per favorire lo sviluppo del cordone si dovranno, nei primi 2-3 anni, eliminare i tralci che sono troppo vigorosi e disporre quelli idonei sui fili laterali; si dovranno sempre eliminare i ricacci che si trovano al di sotto del punto di origine del cordone e i polloni per evitare la concorrenza al regolare sviluppo di quest’ultimo.
In fase di produzione si deve abbandonare la consuetudine di accorciare i rami dopo la raccolta perché tale operazione potrebbe privare la pianta delle formazioni legnose utili per il rinnovo dei tralci a frutto; la cimatura dei rami con gemma apicale mista (a frutto) comporta la riduzione drastica della fioritura e conseguentemente e della produzione. La potatura consiste nell’eliminazione dei rami troppo vigorosi (succhioni) e di quelli che, con la loro disposizione, ombreggerebbero il cordone. Per assicurare un certo rinnovo, si possono mantenere alcuni rami vigorosi e conservare i rami misti che già hanno prodotto e che costituiscono il suo prolungamento naturale; questi ultimi potranno eventualmente essere raccorciati. È necessario provvedere poi alla legatura dei tralci al filo, disponendoli in modo da distanziarli di 20-30 cm. Tale operazione consentirà di avere una distribuzione uniforme delle branchette fruttifere senza sovrapporle, rendendo più agevole l’impollinazione. La piegatura e la curvatura dei tralci, utilizzata spesso in viticoltura, nell’actinidia non è un’operazione usuale dato che vi è una facilità di ricaccio di nuovi germogli dalla struttura legnosa. Per evitare l’invecchiamento precoce della pianta occorre mantenere tutti gli anni un rinnovo vegetativo costante, avendo l’accortezza di eliminare le branchette che hanno prodotto a favore di rami nuovi; le branchette devono essere eliminate con taglio raso vicino al cordone. Per una produzione equilibrata è necessario lasciare dopo la potatura invernale circa 450 gemme per pianta con una produzione di circa 60-75 Kg/pianta con sesti d’impianto di circa 4 x 5 metri. Lasciando più gemme si avrà una produzione maggiore, ma con pezzature disformi e nel complesso con una prevalenza di frutti di piccole dimensioni. Siccome l’actinidia è una pianta dioica, si avranno individui maschili, che faranno solo fiori e individui femminili che dopo la fioritura daranno seguito ai frutti. La potatura delle piante maschili e femminili sarà eseguita allo stesso modo con l’accortezza di lasciare le maschili con un numero maggiore di gemme visto che risultano più vigorose. Con l’allevamento di un solo cordone la distanza fra le piante può in questo caso venir ridotta a 3,5. Questo sistema, che si ottiene lasciando sviluppare il futuro cordone verso l’alto, sostenuto da una canna di 4 metri e a fine stagione piegato in modo permanente sul filo centrale evita di effettuare tagli importanti i quali risultano essere poi fra i potenziali responsabili della carie del legno.