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Chi ama riscoprire i gusti della tradizione italiana può coltivare i lampascioni, bulbi utilizzati soprattutto nella cucina pugliese e lucana. Queste piante appartengono allo stesso genere del muscari ornamentale, ma sviluppano dei bulbi più grandi e più saporiti. I bulbi si interrano in autunno a partire da metà settembre, distanziandoli di 30 cm l’uno dall’altro. La pianta inizierà a germogliare nella primavera successiva, prima con l’emissione delle foglie e poi con la caratteristica fioritura violacea. Per la raccolta bisognerà aspettare l’inizio dell’estate successiva, quando le foglie seccano completamente. Attenzione perché i bulbi tendono ad approfondirsi e quindi bisogna munirsi di vanga e forcone foraterra per dissotterrarli.

Un altro prodotto che si può piantare in questo periodo è lo zafferano. I bulbi-tubero si collocano ad una profondità di 10-15 cm ad inizio settembre distanziandoli fra di loro almeno 5 cm. Lo zafferano fiorirà già in ottobre, permettendo di iniziare la raccolta che proseguirà fino a metà novembre. I fiori si raccolgono al mattino prima che schiudano per non correre il rischio di rovinare gli stimmi e solo dopo aver terminato la raccolta giornaliera si procede alla separazione degli stimmi che devono essere staccati precisamente dove termina la loro colorazione rossa ed essere essiccati rapidamente per assicurarne la conservazione.

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Sapore agli ortaggi

Oltre a completare con semine e trapianti la gamma delle verdure che saranno disponibili nell’autunno, in questa stagione si eseguono alcuni interventi che migliorano la qualità e il gusto di alcuni ortaggi. Ad esempio l’imbianchimento rende alcuni ortaggi più croccanti e più saporiti. Questa operazione precede di 2-4 settimane la raccolta e consiste nell’impedire alla luce solare di raggiungere alcune parti delle piante. In assenza di luce non si forma più la clorofilla e i tessuti vegetali diventano bianchi.

Per imbianchire il porro e il cardo si rimuove con la zappa il terreno dall’interfila e lo si addossa al piede degli ortaggi. L’intervento si ripete per tre volte, aggiungendo ogni volta 10-15 cm di terra. Nel caso del sedano, dell’indivia riccia e della scarola si procede avvolgendo con paglia o carta gli ortaggi lasciando alla luce solo le foglie apicali. Il materiale viene fermato con un elastico. Questa procedura, se la si trova più comoda, si può utilizzare anche con i cardi. L’imbianchimento non è senza rischi, perché la maggiore compattezza dell’apparato fogliare rende la pianta più suscettibile alle malattie fungine e può causare la perdita di una parte del prodotto.

Un’altra operazione che migliora la qualità dei prodotti, e questa volta senza rischi, è la cimatura. Alcune piante possiedono una crescita indeterminata, cioè continuano a sviluppare nuove foglie, nuovi palchi fiorali e frutti fino a quando le condizioni climatiche lo consentono. I frutti che si formano negli ultimi periodi non sono in grado di arrivare a maturazione, perché dispongono di troppo poco tempo e troppe poche ore di luce prima dell’arrivo dei freddi.

L’eliminazione del germoglio apicale (cimatura) ferma la crescita indeterminata della pianta e favorisce ed accelerare la piena maturazione di tutti i frutticini già formati. La cimatura si esegue entro la metà di settembre su tutti i pomodori da mensa: tondi, costoluti, cuori di bue, ciliegini e datterini. In questo modo si riesce ad assicurare la maturazione sulla pianta e al sole del maggior numero possibile di frutti. Si esegue anche, ma in questo caso in piena estate, su meloni, angurie e zucche.

Conferire elementi minerali

Oltre ai secondi raccolti in questa stagione si possono seminare le cosiddette colture di copertura che sono in grado di migliorare la disponibilità di elementi minerali per le colture che seguiranno riducendo le successive esigenze di fertilizzazione.

Si possono usare leguminose come il trifoglio incarnato, la veccia, il favino e il trifoglio alessandrino (al Centro-Sud anche il lupino) che arricchiscono il terreno di azoto. Crucifere come il rafano e la senape che svolgono un’azione nematocida e forniscono un’abbondante biomassa. Oppure graminacee come l’avena e la segale che migliorano la struttura del terreno e trattengono elementi nutritivi. Infine, anche miscugli di queste piante. Queste coltivazioni non forniscono un prodotto, ma dovranno essere sfalciate in primavera prima della preparazione del terreno per utilizzarle come pacciamatura organica o per arricchire la compostiera. Il trifoglio alessandrino e la senape muoiono con il gelo, non richiedono lo sfalcio e potranno ancor più semplicemente essere leggermente interrate con la lavorazione del suolo.

 

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Dott. Francesco Beldì

Francesco Beldì è laureato in Scienze Agrarie. Si occupa di produzione orticola e frutticola biologica dal 1991. E' molto attivo nella divulgazione verso le aziende agricole e i privati e nei corsi di specializzazione post-laurea e post-diploma. E' autore di manuali di coltivazione biologica e di difesa delle piante con prodotti naturali.