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Le forme di allevamento e la potatura del melo

L’allevamento del melo è oggi praticato secondo forme che devono assecondare non tanto e non solo la funzionalità del singolo albero quanto quella del frutteto nel suo insieme. Sono quindi il disegno e l’architettura del frutteto, preliminarmente definiti, che impongono la scelta di una forma; la quale, però, deve anche servire a plasmare l’albero secondo il suo naturale «habitus» vegetativo ed entro lo spazio ad esso assegnato.

La scelta della forma d’allevamento, inoltre, deve tenere conto della presumibile risposta dell’albero (o meglio del binomio cultivar/portinnesto) alle condizioni ambientali, agli interventi di potatura ed alle altre operazioni colturali che si renderanno necessarie. Sarebbe illusorio e oneroso ritenere che il successivo modo di allevare l’albero possa coprire errori di progettazione e d’impostazione; o meglio, si potranno variare le tecniche di potatura od adottare trattamenti chimici (es. uso di ritardanti di crescita), ma ciò richiederà una serie di onerosi processi adattativi non sempre economicamente giustificati.
Con ciò non si vuole negare il ruolo della potatura che rimane una pratica decisiva per conseguire gli obiettivi dell’allevamento che mirano, per il melo, in particolare a:

  • limitare lo sviluppo in altezza della chioma, per governare l’albero da terra;
  • accelerare la messa a frutto dell’albero e quindi la produttività del frutteto;
  • conseguire una elevata qualità delle mele.

In genere nei moderni meleti, l’albero, come singolarità produttiva, viene sacrificato al concetto di “filare continuo“ imposto dalla continuità delle piante molto vicine sulla fila. Le pareti fruttifere del filare, perciò, quando le chiome avranno colmato lo spazio a disposizione non offriranno soluzioni di continuità e con la potatura si potrà rimediare alle inevitabili difformità strutturali degli alberi; in tal modo verranno compensati eventuali spazi vuoti del filare attraverso un maggior sviluppo delle branche delle piante attigue. Rimane invece fermo il principio che l’albero deve raggiungere e mantenere un equilibrato sviluppo fra le diverse parti della chioma, privilegiando soprattutto quelle in basso, a foggia conforme, così come nell’insieme l’intera struttura scheletrica della pianta dovrebbe somigliare più a un cono che a un fuso; in ogni caso, si deve evitare che all’interno della chioma si creino zone improduttive (per ombreggiamento o per crescita di inutili rami e/o di branche competitive, o di indesiderati succhioni) o che le restanti formazioni fruttifere vadano soggette a rapido esaurimento e invecchiamento.

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Agr. Antonio Velonà

Agrotecnico Antonio Velonà, docente di pratiche agrarie, adesso in pensione, ha svolto la sua attività nell’indirizzo agrario dal 1974 al 2017 presso l’Istituto d’Istruzione superiore “V.F. Pareto” di Milano. Nella sua lunga carriera ha coordinato tutte le attività di laboratorio inerenti al frutteto, le serre e il giardino. Dal 2001 al 2005 ha collaborato come docente con la Fondazione Minoprio nei corsi di formazione professionale